La saldatura è la particolare tecnica di giunzione di parti metalliche mediante l’intervento del calore, della pressione o di entrambi questi agenti, con o senza l’aggiunta di metallo d’apporto.
I lembi o le superfici da saldare vengono generalmente portate allo stato di fusione o di accentuato rammollimento mediante apporto di calore, o possono venir compresse fra loro, così da costringerle a tale intimo contatto fino a costituire, nella zona di giunzione, un tutto uniforme e continuo dotato di caratteristiche omogenee.
Quando vi sia metallo d’apporto, questo viene portato allo stato di fusione e depositato, a guisa di ponte, nei giunti da unire o nei fori da riempire, i cui lembi sono pure allo stato liquido; cessando l’azione del calore, le zone liquide solidificano, saldando tra loro le parti da congiungere.
La tecnica di saldatura comprende svariati procedimenti che vengono distinti secondo le fonti di calore utilizzate:
- saldatura autogena a gas
- saldatura alluminotermica
- saldatura elettrica ad arco
- saldatura elettrica a resistenza
Saldatura ossiacetilenica o autogena
Nella saldatura ossiacetilenica (detta anche autogena) la fiamma che porta allo stato di fusione i lembi avvicinati dei pezzi da congiungere viene ottenuta dalla combustione di gas o idrocarburi gassosi previa mescolazione in un particolare attrezzo detto “cannello per saldatura”, nell’interno del quale si effettua la miscelazione del gas combustibile e dell’ossigeno nelle proporzioni più adatte alle caratteristiche della fiamma.
I gas combustibili sono: acetilene, idrogeno, metano e propano, la cui combustione in ossigeno puro al 99% consente di raggiungere 3030 °C per l’acetilene, 2480 °C per l’idrogeno e 2730 °C per metano e propano. Il gas più usato e di più antico impiego è l’acetilene e per questo viene detta saldatura ossiacetilenica.
Con la saldatura autogena è possibile congiungere molti metalli applicando adatti metalli d’apporto e con l’intervento di fondenti atti a fondere gli ossidi metallici che si formano durante il riscaldamento, allontanandoli dalle superfici che devono essere congiunte.
La fiamma rappresenta una fonte di calore meno concentrata e a temperatura più bassa di quella dell’arco elettrico; per tale motivo è preferita quando si debbano eseguire saldature delicate su spessori sottili o quando sia necessario un aumento graduale della temperatura per evitare rotture (ad esempio, nel caso della saldatura della ghisa).
La fiamma ossiacetilenica comporta una miscela in uguali volumi di acetilene e di ossigeno e genera una temperatura più elevata in confronto alle altre fiamme di idrocarburi e di idrogeno; essa può venire regolata variando il rapporto della miscela dei due gas nel cannello ed aumentando o diminuendo l’ossigeno.
La fiamma con rapporto 1:1 è neutra e viene usata per l’acciaio; aumentando la quantità di ossigeno, ad esempio 1,1:1, la fiamma diviene ossidante e viene usata per evitare la porosità da idrogeno nel bronzo; diminuendo la quantità di ossigeno, ad esempio nella proporzione di 0,95:1, nella fiamma compare una punta luminosa capace di ridurre gli ossidi che si trovano sulla superficie dell’acciaio.
L’uso delle altre fiamme, e particolarmente della fiamma ossidrica (idrogeno-ossigeno), è ristretto alla saldatura dei metalli a basso punto di fusione, quale ad esempio il piombo.